Ci sono libri che ti trascinano in un mondo lontano, sconosciuto, tanto diverso dal tuo da farti venire il dubbio di aver vissuto finora in una bolla. Aniko di Anna Nerkagi è uno di questi. L’ho divorato, completamente catturata dalla storia di un popolo di cui, lo ammetto, sapevo niente: i Nenec, pastori nomadi della tundra russa, gente che convive con il gelo e con le renne, ma soprattutto con il dilemma più antico del mondo, restare o andarsene?
Anna Nerkagi non è solo una scrittrice, è una di loro. Nata nella tundra, poi finita nelle scuole sovietiche e infine tornata alla vita nomade, racconta questo contrasto con una lucidità incredibile. Aniko è la storia di una giovane donna in bilico tra tradizione e cambiamento, tra il richiamo delle origini e le sirene della modernità.
I Nenec vivono in uno degli ambienti più estremi della Terra, con inverni a -50°C e migrazioni di centinaia di chilometri. E il nuovo capo tribù crede nell'evoluzione e nel cambiamento: decide quindi che i bambini vadano nelle scuole russe e imparino più cose che possono. E questa istruzione sarà utile alla tribù, il giorno in cui i bambini nenec finiranno le scuole e torneranno a casa, aiutandoli così a vivere meglio in uno dei luoghi più inospitali del globo. Ma le cose non vanno proprio così: di tutti i bambini che partono, ne ritorna una piccola parte.
E quelli che tornano, tornano davvero? O sono ormai stranieri nella loro stessa terra? È qui che Aniko mi ha colpita più forte: nella consapevolezza che il progresso non è mai unidirezionale, che ogni passo avanti può comportare comunque una perdita. I bambini Nenec, cresciuti tra i banchi delle scuole russe, imparano cose che i loro genitori non sanno, scoprono un mondo nuovo, ma nel farlo si allontanano irrimediabilmente dalle loro radici.
Ed è qui che entra in gioco Aniko, il personaggio che dà il titolo al romanzo. Anche lei si trova in bilico tra due mondi, e anche per lei il ritorno non è mai semplice. Tornare vuol dire adattarsi di nuovo al gelo, alle regole non scritte della tundra, alla vita che non ha nulla di rassicurante. Ma vuol dire anche ritrovare un’identità che rischia di scomparire. E la domanda resta sospesa nell’aria, pungente come il vento del Nord: si può davvero appartenere a due mondi senza sentirsi mai completamente a casa in nessuno dei due?
Anna Nerkagi non offre risposte facili. Non c’è retorica nel suo racconto, né nostalgia zuccherosa per un passato idealizzato. La sua scrittura è dura ed essenziale, come la terra che descrive. E forse è proprio per questo che Aniko colpisce così tanto: perché racconta un dramma universale e attuale senza sconti, senza abbellimenti, lasciando che siano i fatti a parlare.
Quando ho chiuso il libro, sono rimasta ferma, a pensare. Pensare a come il mondo si muova sempre in avanti, spesso senza guardarsi indietro. Pensare a quanti popoli, quante lingue, quante culture stiamo perdendo nel nome del progresso. E a quanto sia difficile, a qualsiasi latitudine, decidere chi essere davvero.
Ah, ovviamente è pubblicato da una delle mie case editrici del cuore. Ormai se vedo il loro logo, so che sto per leggere qualcosa di speciale. Se non lo avete ancora letto, recuperatelo. Non ve ne pentirete.
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