È difficile parlarne adesso. L’ho finito stanotte e stamattina mi sono svegliata con addosso la stessa sensazione: qualcosa mi ha colpita in pieno, senza che me ne accorgessi. È stato uno shock. Non rumoroso, non plateale. Ma reale. Violento, anche se invisibile. Nessuna scena madre, nessun grido. Solo uno schiaffo in pieno viso.
L’anniversario non è un romanzo facile da attraversare. È come stare sul tavolo operatorio di un chirurgo che lavora in maniera sistematica. Non capisce bene quale sia la malattia, ma lui procede comunque: parte per parte, pezzo per pezzo, toglie quello che non serve più, sistema ciò che è danneggiato, prova ad aggiungere quello che manca. Non ti offre risposte, non ti dà conforto. Ma alla fine dell’operazione, qualcosa è cambiato. E forse stai un po’ meglio. O forse solo più nudo, ma anche quello a volte è un inizio.
A un certo punto, Bajani scrive: La geografia è da sempre stata la sponda di ogni disfunzione familiare. E sì, è vero. Ci si sposta, ci si allontana, si cambia paese, città, fuso orario, pur di mettere distanza tra sé e ciò che fa male. Ma la distanza non basta. Perché la vera libertà non è scappare, ma vedere la verità con i proprio occhi, uscire dalla nebbia dello shock e, tutto a un tratto, sapere esattamente cosa fare e come. E anche se fa male, è lì che si può, forse, ricominciare.
Mi ha colpito che abbia vinto il Premio Strega Giovani. Non è un libro che cerca di piacere. Non è accattivante, né giovane. Ma forse proprio per questo ha parlato a tanti ragazzi. Forse perché anche loro, oggi, conoscono bene quel tipo di vuoto. E il pensiero che ci siano giovani così vicini a questo dolore dà da pensare. O forse, semplicemente, ci sono dolori che non hanno età.
Mi è piaciuto L’anniversario, in tutta la sua scomodità. È un libro che ti costringe a fermarti, ad ascoltare anche quello che non viene detto. Lo consiglio? No. Perché spero che nessuno si trovi davvero in quella stessa situazione usurante. Ma se ci siete dentro, purtroppo, allora sì: potrebbe aiutarvi a capire qualcosa. Anche solo un po’.
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